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Io sono un bambino malinconico...

nel suo ultimo anno di vita Raffaele ripeteva ancora questa frase, il  2019...

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A tre anni col cestello in mano accompagnato dalla nonna, lascia la casa dov'è nato e dopo poche vie è attratto da  un grandissimo campo di grano seminato fra le case,  ancora pochi passi e arriva in quella appena costruita, della vecchia ricorderà la disposizione dei mobili e le scomodità, ricorderà anche la furia per la ricerca di altri bambini, ricordi vaghi ma radicati.

​Non amava l'asilo che la mamma scelse in un ambiente opaco che opprimeva il suo desiderio di gioco e di scoperta. Quel luogo venne scelto per l'ultima sosta che Raffaele trascorse in mezzo a noi, ancora vivi, lui non più.  Bambine e adulte del vicinato riempivano con le loro attenzioni il desiderio prorompente di crescita. Le scuole elementari  hanno rappresentato il  massimo delle sue necessità di apprendimento, l'ordine dei suoi quaderni, le esposizioni ordinate e geniali che lui faceva, un maestro che in particolar modo rappresentava la capacità di ricreare la storia, di raccontarla, sono stati il vulnus del suo apprendimento. Dopo le elementari, avrebbe potuto apprendere da solo - mi raccontava - e l'idea dell'apprendimento attraverso la propria famiglia utilizzandone esclusivamente i mezzi economici  anche in tempi piuttosto esigui. Il maestro che  ammirava,  aveva una profonda conoscenza della storia dei suoi territori e con lui potè visitare per due volte, una a Casei Gerola dove poté visitare un museo di raccolta storica.

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Non aveva mezze misure quando definiva i luoghi del sapere, escludeva le scuole medie avendo perso il loro valore e l'apprendimento sarebbe potuto proseguire direttamente dalle elementari. Per lui era così, non per l'universo di studenti.

Non volle essere più accompagnato dalla madre alle scuole elementari, prestissimo propose la sua indipendenza e la mamma si adeguò.

A dieci anni prese il suo biciclettino e da Voghera raggiunse Staghiglione, quindici chilometri per il ragazzino che apprese tutto il percorso durante le gite con il padre che guidava il motorino. A Staghiglione non credevano fosse solo, l'hanno rimandato cortesemente indietro, non c'erano mezzi di comunicazione e a Voghera i suoi non credevano che ci fosse andato.

Non sopportava berretti, cappucci e occhiali da sole con i quali sua mamma lo trincerava dal sole,  dal cattivo tempo, abolì presto tutto,  con essi i pantaloncini corti.

La televisione imperversava negli anni '60 e Raffaele ne andava come altri ragazzini, spasmodicamente alla ricerca, aveva scoperto questo miracolo, dopo poco tempo i suoi genitori la comprarono, tra una sgranata di rosario con nonna e  mamma cominciò a godere di questa meraviglia, la sua acuta capacità critica crebbe ad ogni tipo di trasmissione o film.

BIOGRAFIA E DIARI

VOGHERA, 3 MARZO 1954
nasce nell'ospedale chiamato da tutti Maternità dirimpetto al Mercato all'aperto  da cui si leggeva l'orologio, a mezzogiorno,  come la mamma notò. E'pur vero che ritrovando carte relative alla nascita di Raffaele su scrittura della mamma Mizzi toviamo che è nato alle 12,50 del 3 maggio del 1950 in Voghera e battezzato nella Capella Maternità il 7/3/54 la cui madrina fu nonna Ebe Montagna e padrino Villani Mario. 

La biografia diventa diario quando si riportano le sue annotazioni.

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