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BALLATE E CANTI POPOLARI

Tradizione popolare orale e comportamenti sociali

Parallelamente alla vita e allo sviluppo della grande musica colta e della letteratura, si è formata in Europa fin dal medio evo una cultura espressiva delle classi popolari e ha prodotto canti, musiche rituali e di danza, ballate etniche e narrative, poesie d’amore e quant’altro, un materiale interessante artisticamente stimolante e spesso improntato ad un intenso processo di scambio con la cultura “dotta”.

 Questo materiale esprime un’altrettanto lunga stagione di vita sociale, intensi e controversi sentimenti, celebrazioni di eventi fondamentali per la vita delle comunità e molto altro, tutto manifestato con canti musiche strumentali e rappresentazioni di ritualità collettiva.

Tale importante civiltà ha avuto come tratto comune la pratica dell’oralità come strumento espressivo di trasmissione di contenuti e di definizione comportamentale.

La trasmissione orale del sapere ha influenzato e caratterizzato la simbologia dei personaggi e delle figure, veicolo questi di messaggi e di “racconto del mondo”.

Un viaggio, il nostro, nella cultura degli analfabeti che si confrontava con quella dotta e in un certo senso interagiva con essa.

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LA PROVINCIA PAVESE

Giovedì 24 gennaio 1985

Concerto

Voghera il violino nel folk europeo

VOGHERA – Nell’ambito delle iniziative culturali promosse dal Centro Sociale di Voghera si terrà domani sera, venerdi, alle 21 in Viale della Repubblica un concerto del violinista Raffaele Nobile dal titolo “il violino nel folk europeo”

Con la partecipazione e l’accompagnamento di altri due musicisti, Fabio di Stefano chitarra organetto, e Patrik Defrance oboe flauto, sarà presentato un programma di musiche provenienti dalla tradizione popolare europea, in particolare quella del Nord Italia, della Francia e dell’Irlanda, materiale musicale a carattere strumentale che nella tradizione serviva come supporto espressivo alla danza e alla ritualità.

Queste musiche saranno viste soprattutto sotto l’aspetto espressivo di linguaggio con le sue caratteristiche strutturali, mettendo in luce anche i rapporti con la musica colta dei secoli passati e tentando di costruire, in relazione a tale linguaggio, momenti di nuova elaborazione creativa.

Raffaele Nobile ha iniziato la sua attività negli Anni Settanta nell’ambito milanese dei musicisti di base e non, allora molto stimolante e ricco di scambi creativi. Tra le varie attività a cui si è dedicato, sperimentazione e didattica, composizione, esecuzione, ha avuto molta importanza la ricerca e la divulgazione della cultura musicale popolare.

Centro Sociale Voghera è l’attuale “Adolescere”

L’UNITA’

Sabato 19 settembre 1981

Il violino di Raffaele Nobile questa sera al cabaret

Il cabaret ha presentato in queste sere molti personaggi nuovi, ricchi di talento. Una serie di recital ha proposto al pubblico della festa nomi che avevano solo bisogno di spazio per mostrare grosse capacità teatrali.

Questa sera alle ore 20 è la volta di Raffaele Nobile in “Il violino nel folk europeo”; più tardi alle ore 22 prenderà posto sul palco David Riondino con un recital tutto nuovo.

Raffaele Nobile è un giovane musicista che ormai da anni si dedica ad una ricerca originale sulla tradizione della musica popolare del nord Europa con particolare attenzione al nord Italia.

Questo materiale, adattato in particolare al violino, viene riproposto ed elaborato secondo le esigenze attuali di fruizione da parte del pubblico. Raffaele Nobile ha inciso recentemente un LP “L’albero di canto” che è il risultato di questa approfondita ricerca, ha partecipato inoltre a numerose rassegne e festival internazionali.

Il materiale presentato si incentra sulla figura del volino come strumento molto usato in tutta la tradizione popolare europea con modi anche diversi tra loro, e sul tentativo di costruire attorno a queste musiche un tipo di ascolto creativo che le valorizzi per le loro caratteristiche strutturali-musicali e non solamente per una mitica quanto a volte mistificante funzione socializzatrice.

I pezzi presi in considerazione venivano utilizzati per la maggior parte come musica di danza nell’Italia settentrionale prima della scomparsa della civiltà contadina e sono in specifico forme di “furlana”, “roccastalda”, “lombardina”, “salterello” (Appennino emiliano) “balfrances”, “giga” (Lombardia), “Monferrina”, “alessandrina”, “corrente” (Piemonte), che tra l’altro presentano collegamenti con la tradizione musicale colta del secolo XVI e del barocco.

 

MUSICA POPOLARE IN ITALIA

 

Ipotesi per un ciclo di trasmissioni riguardanti la conoscenza della musica popolare in Italia.

  1. Lineamenti generali culturali che stanno alla base delle differenti forme e situazioni espressive del folklore italiano ed implicazioni storiche e geografiche.

  2. Le forme espressive nel Norditalia. Musica strumentale: specificità degli strumenti. Strumenti e repertori arcaici: il piffero e la cornamusa dell’Appennino pavese, alessandrino, piacentino.

  3. Uso antico e moderno degli strumenti: il volino e la sua presenza nella tradizione dell’Appennino emiliano nel repertorio di danze figurate.

L’epopea della fisarmonica .

  1. La vocalità. Polivocalità urbana con origini antiche: l trallallero ligure. Cori maschili e squadre di canto.

  2. Altre forme di polifonia  sull’Appennino pavese. Le osterie del canavese canti a più voci, ballate “classiche” della tradizione piemontese ed alpina.

  3. I cantastorie ed il mondo della piazza. Riferimenti e situazioni di tutto il territorio nazionale.

  4. Coralità in Toscana: i cardellini di Monte Amiata. Ballate, canzoni narrative, i canti di lavoro, i canti sociali.

  5. Le mondine nel norditalia: storia repertorio e testimonianze attuali.

  6. L’organetto: sua presenza nella tradizione, dal centroitalia (area del salterello) al Sud e utilizzazione nei repertori delle tarantelle. Origini e specificità costruttive.

  7. Il canto popolare nel centroitalia: forme polivocali (il vatoccu marchigiano) e forme solistiche. 

  8. La grande tradizione musicale della Sardegna: lo strumento più arcaico dell’area mediterranea, le launeddas. Le forme di danza. Il canto a tenores, forme, strutture, distribuzione delle voci.

  9. Canto e ritualità nel suditalia. Il tarantismo e sue connessioni.

  10. La zampogna nell’Appennino calabrese e nella sua restante area di tradizione e sopravvivenza. Zampognari antichi e moderni e repertorio. Morfologia dello strumento.

SUONI E PAROLE DELLA TRADIZIONE

Parallelamente alla vita e allo sviluppo della grande musica colta e della letteratura si è formata in Europa fin dal Medioevo una cultura espressiva delle classi popolari che in una lunghissima stagione durata fino al secolo scorso ha prodotto canti musiche rituali e di danza ballate epiche e narrative, poesie d’amore e quant’altro, un materiale interessante, artisticamente stimolante e spesso improntato ad un intenso processo di scambio con la cultura “dotta”. Questo materiale musicale esprime un’altrettanto lunga stagione di vita sociale, intensi e controversi sentimenti, celebrazioni di eventi fondamentali per la vita delle comunità e molto altro, il tutto manifestato con canti, musiche strumentali e rappresentazioni di ritualità collettiva.
Nella storia del mondo popolare e contadina la Lombardia ci presenta una miriade di momenti musicali molto vari e diversificati facenti capo ad alcuni filoni espressivi vocali e strumentali che andremo brevemente ad esaminare e di cui forniremo alcuni esempi in coda a questa presentazione. Nella tradizione popolare lombarda convivono quindi ballate narrative antichissime comuni ad una vasta area europea che affondano le radici fino alle storie dei cicli carolingio e bretone con canti più “recenti” che parlano di vita comunitaria, di amore, di fatica del lavoro. Le musiche, che spesso fanno riferimento a moduli e strutture arcaiche e modali, esprimono un livello artistico/strutturale molto interessante e durante i secoli abituato a scambiare stilemi espressivi, melodie parole con il bagaglio musicale e culturale del mondo colto cosicché assistiamo alla permanenza nel mondo popolare di soggetti narrativi, canti, strumenti e forme musicali appartenuti alla “grande cultura” delle quali quest’ultimo si è appropriato in processo di rielaborazione creativa.
L’importanza di questo bagaglio culturale sta a nostro avviso nell’autenticità del linguaggio e dei sentimenti espressi che testimoniano sempre una fotografia credibile della realtà in cui sono nati e si sono sviluppati, arrivando a creare anche una lingua di comunicazione riconosciuta e utilizzata in vaste aree geografiche. La musiche e i testi ricevono anche una graduale rielaborazione creativa nel tempo e nello spazio, e questo spiega le diverse versioni dei brani più conosciuti, ma non viene tradita l’integrità iniziale che rimane la testimonianza di un’opera che vive di vita propria e non è fatta per “piacere” a qualcuno o per inseguire mode o tendenze del momento. Questo fa si che il nostro materiale non abbia nulla a che vedere con prodotti successivi anche dialettali, artificialmente considerati “popolari” ma contigui per nascita e utilizzazione a modelli canzonettistici di consumo.
I testi di questo abbondante repertorio come vedremo non sono tutti in dialetto, anzi, la maggior parte utilizza linguaggi diversi che vanno dall’italiano aulico antico a forme di lingue d’uso miste a idiomi dialettali comuni ad aree geografiche vaste che non parlano lo stesso dialetto nella vita quotidiana. Il dialetto quindi altro non è che uno dei “vestiti” della cultura popolare che essa utilizza per arricchire al massimo le proprie qualità di espressione ma non è di per sé la “cultura popolare”.

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